Martina faceva la quinta elementare, viveva con la mamma ragazza madre, suo padre non lo aveva mai conosciuto. Il profumo di quella casa nella quale Martina viveva era di costante tenero garbo alimentare, a volte cioccolato, a volte sedano o cipolla, ragù, patatine fritte e quant’altro di buono poteva preparare nella fantasia culinaria la mamma Stefania. Martina adorava sua madre, giovane e bella, sempre di fretta per il suo lavoro di segretaria, piccola ma non eccessivamente grande, tenera e giocosa, sempre sorridente. Martina ricordava quel giorno quando poi la madre perse il lavoro e successivamente il suo amore, quell’ uomo che compariva e spariva, grande, con la barba, che portava sempre allegria e giocattoli. In quel tempo la primavera cominciò a farsi sentire, farfalle e margherite cambiarono la scenografia del campo la vicino, ma la cinghia intorno a quella parsimonia sempre più evidente a causa della scarsità di soldi, non rasserenava di certo quelle giornate. La mamma piangeva spesso, nell’angolo della camera, seduta sul letto, ma anche se negava i suoi occhi lucidi, Martina la vedeva e le faceva mille domande.
La quinta elementare stava finendo e intanto si avvicinava l’ultimo giorno di scuola, Martina era emozionata. La mamma le stava vicino, cercando di aiutarla per le ultime verifiche, anche perché le aveva promesso un dolce buonissimo da portare a scuola per la festa di fine anno scolastico. La bimba studiò così tanto che prese un giudizio strepitoso a seguito della sua ultima verifica di italiano, lei voleva quel dolce, il suo desiderio di far assaggiare la torta di mele della mamma ai suoi compagni di scuola era il suo obiettivo, la sua gioia.
Così il giorno prima della festa Stefania preparò una torta di mele enorme, impiegò tutto il pomeriggio per terminarla, comprò mele prelibate di prima scelta ed aggiunse tanta marmellata per renderla ancora più gustosa. Avendo ricominciato a lavorare da poco riuscì comunque a prendere un giorno di permesso per ottemperare alla promessa che aveva fatto alla sua bambina, la torta di mele. Il giorno dopo incartò la torta con carta verde, perché disse che il verde era il colore della speranza, un buon auspicio per le scuole medie, così fatto, accompagnò sua figlia a scuola tenendo con le due mani la grande torta. Con un sorriso enorme e con il fiatone la mamma e la bambina finirono di salire le due rampe di scale che conducevano all’aula scolastica già addobbata per la festa di fine anno e vi entrarono con la torta.
Nessuno dei bimbi esultò alla vista della grande torta incartata di verde, anzi, la maestra si fece avanti e chiese alla madre cosa contenesse quel pacco. La maestra, saputo del contenuto, gentilmente invitò la madre di Martina a non consegnare la torta. Il regolamento scolastico prevedeva per la condivisione di alimenti, cibi esclusivamente confezionati e non preparati a mano. Vani furono i tentativi della madre di Martina di spiegare che la torta era stata preparata con ingredienti freschi. La torta tornò indietro.
Martina iniziò a piangere, era incredibile che una torta del genere non potesse essere mangiata, quella torta preparata con tanto amore dalla mamma per tutti i bambini. La salutò con gli occhietti arrossati, ma la mamma sorridendo sempre, non mostrò alcun segno di imbarazzo tanto che se ne tornò a casa da sola con la grande torta sorretta con due mani con il sorriso di sempre. Quell’enorme pacco copriva i capelli biondicci della donna, le copriva lo sguardo, la visuale, la strada che attraversava.
Stefania urtò un ciclomotore parcheggiato male appena vicino al marciapiede, la torta cadde per terra sfilandosi dalla confezione, era così fresca che si disfece sull’asfalto. Subito dopo, il passaggio di un paio di automobili, resero tutta quella bontà una poltiglia sulla strada. Se ne tornò a casa, aprì la finestra e respirò profondamente, la vita doveva comunque continuare serena con la sua bambina, il suo cuore adesso batteva forte, la sua anima di piccola grande donna si mescolava tra gli odori di una nuova primavera.