lunedì 26 febbraio 2018

Poveracci, siamo come gli uccellini sull'albero


Poveracci, sembriamo tanti uccellini a cinguettare su un grande albero: cip cip cip. Sulle chiome di un grande albero, ognuno di noi cinguetta. «E questo non è giusto e lui di qua... e quell'altro di la..» poveracci. Tanti piccoli cuori che vorrebbero che cambiassero le cose, uccellini, tanti uccellini che quando cinguettano tutti insieme fanno un unico grande rutto. Un rutto che proviene dal grande albero, un rutto d'uccelli. E poi c'è chi dorme, chi vola, chi ritorna, chi si da noia...chi zomba morto di sotto. Poveracci, siamo come tanti uccellini sull'albero che con una vile fucilata potremmo cadere giù come pere. E cip e cip cip cip cip..poveracci.

martedì 20 febbraio 2018

Il popolo che non serve più


Sapete perchè non investono più niente nella scuola e nella sanità? Io penso che loro non abbiano più bisogno di noi. Man mano che la macchina sostituirà completamente l'uomo non necessariamente il popolo dovrà essere istruito e sano. Occorre però illuderlo di essere libero. Così, il popolo, rimasto nell'ignoranza, potrà cinguettare sui social e munito di smartphone potrà fare tante belle foto, filmati, selfie. Per curarsi la salute, invece, dovrà sbattersi, rimanere in coda, aspettare o pagare per far prima. Non serviamo più a niente se non a rompere le scatole al sistema di potere.

sabato 17 febbraio 2018

L'odore del passato

Dalla piccola grata quel raggio di luce polveroso solca le ragnatele togliendo dall’’ombra la mia mano, che carezza piano, la costola di un raccoglitore di monete. Nella cantina, monete di modesto valore tutte insieme sono la collezione della zia, insieme ad un catalogo rigorosamente scritto a mano. Trovata anche una sveglia meccanica in latta, con una gallinella che becca, una volta muoveva la testa scandendo il secondo. Trovato un vecchio pallone di cuoio, un mangiadischi, un bollitore con una siringa in vetro. E laggiù le cose un po’ più recenti, ma sempre dimenticate. Tutto questo mi viene incontro nel tentativo di portarmi indietro nel tempo e scopro che ogni oggetto ha un odore, anche inorganico, ma un odore che completa i miei ricordi. L’odore degli oggetti muta nel tempo, ma conserva la fragranza iniziale. Siamo stati capaci di immortalare ogni cosa, ma non gli odori, perché questi restano ancora prerogativa del presente. Lampi e sprazzi di luce, voci, rievocate dal tenero senso dell’olfatto. Chiudo la porta di ferro della cantina, adesso il presente ritorna con vigore, padrone assoluto dell’esistenza.

venerdì 16 febbraio 2018

Unica carrellata

Profonda riflessione in un'unica carrellata, oggi ho osservato intorno a me, nel centro commerciale, camminando verso l'uscita. Una giovane ragazza triste, forzatamente vestita con tailleur corto e tacchi, mentre cercava d richiamare l'attenzione del pubblico con un volantino dell'acqua pura, indifferenza assoluta di tutti, nella confusione accompagnata da anonima musica di plastica. Neanche il giovane fascino serviva a quella ragazza con quel quel piccolo dolce sorriso, un accenno di sorriso segnato dalla noia di un lavoro pressoché inutile. Più in la un ragazzo di colore seduto su una poltroncina con uno smartphone in mano dal vetro rotto. Immenso via vai di gente con buste di plastica piene di cibo, una coppia di anziani da una parte intenti a controllare il loro scontrino, si interrogavano, facevano i conti. Due adolescenti incappucciati dalle loro felpe, pantaloni che scoprivano esili caviglie, a testa bassa camminando messaggiavano seri seri. E poi, un'altra promozione accompagnata da un ragazzo ed una ragazza che suonavano una chitarrina, non si sentiva niente se non un fioco grattugiare di lieti accordi maggiori. All'uscita mi sono voltato, li ho visti tutti insieme, come in un teatro, un pietoso show della miseria. Ed io ero li, con il mio giubbottone verde, la spesa e quella grattata di freddo che oggi pomeriggio si è fatta sentire. Chiusa quella porta automatica come un sipario, tutti sono rimasti dietro il vetro, come in un acquario di pesci, adesso erano muti. E' grande il centro commerciale e tutto intorno la distesa di cemento e le case di periferia. Ad ogni passo il ritmo della consuetudine, della mia vista debole con gli occhiali attaccati al collo per riuscire a leggere. Un po' di coriandoli per terra di un carnevale scolorito e di nuovo nell'utilitaria stanca, tra sordidi rumori di chi va e chi viene.

martedì 13 febbraio 2018

Italia, un gran casino

Oramai lasciatemelo dire...è un gran casino. A cinquanta anni, mi rendo conto che una confusione così era da tempo che non la percepivo. Sparatorie sugli stranieri, orde di estremisti nelle piazze, migranti senza dimora, sudiciume ovunque, rifiuti, poveracci che a fine mese non guadagnano più niente, contratti di lavoro scaduti da anni, debito pubblico alle stelle, disoccupazione e tanta, ma tanta ignoranza. Tutti siamo bombardati da una miriade di post, notizie flash, link, contenuti multimediali sempre più veloci e coincisi, tutte informazioni utili, per carità, ma così cinguettate da essere non idonee al fine di poter maturare concetti, idee, posizioni. Percezione di quel caos che si avverte quando la nave presumibilmente potrebbe affondare. Tanto giustizialismo poco ragionato che spunta da bocche rutteggianti. E' fibrillazione o peggio ancora tremore cronico irreversibile, gente che corre, che messaggia, che si connette, disconnette, si iscrive, si cancella, entra ed esce consumando energia, calore, petrolio. Qualche anno fa parlavo di narcosi collettiva, ci stiamo risvegliando, ma non bene, a livello anestesiologico con qualche problema da valutare in sede neurologica.