mercoledì 24 dicembre 2025

Il catalogo dell'anima: Creazione, oblio e la ricerca dell'idea iniziale

Da dove scaturisce questa sete inestinguibile di tessere mondi? È un’eco lontana, un’urgenza nata nell'infanzia, quando il confine tra il sogno e la materia era sottile. Creiamo perché l'idea che tutto possa svanire, che l'ombra dell'oblio inghiotta la nostra essenza, è un’angoscia che la tela o la parola tentano disperatamente di placare. Non è tanto l'effimera permanenza dell'opera a motivarci, quanto la necessità primordiale di esistere attraverso di essa.

Molti cercano la definizione nella perfezione dell'atto finale. Ma io trovo il cuore pulsante nel flusso, in quel viaggio ininterrotto dove l'opera cresce con noi. Il processo è una cosa emozionante, paragonabile all’allevare un figlio: lo nutriamo, gli diamo struttura, finché non acquista una vita propria, autosufficiente nei suoi successi e nei suoi fallimenti. In quel dare e ricevere, risiede la vera spinta creativa.

Ma cosa accade quando la sorgente sembra prosciugarsi? Tra un progetto ambizioso e il successivo si insinua una voragine: uno stato di profonda crisi creativa. Non è un fallimento, ma una stasi necessaria, un letargo dell'anima. Questo vuoto non si colma con la fretta, ma con la pazienza, attendendo l'incontro fatale con una nuova idea di partenza, una scintilla inattesa che squarcia il silenzio e ridà senso al respiro, permettendo al ciclo di ricominciare.

Siamo forse definiti dall'infinita possibilità di creare ancora? No. L'infinita possibilità è un mito, una chimera che ignora la finitezza della nostra esistenza. Si crea finché siamo in vita. Per questo, ciò che rimane, il catalogo di ogni forma data, di ogni mondo costruito, assume un peso inestimabile. È il nostro tentativo di eternità, l'unica risposta tangibile e duratura all'angoscia del tempo che scorre. Il catalogo è la mappa del nostro passaggio terreno, il lascito che non possiamo permetterci di trascurare.