sabato 14 giugno 2025

La Luce estiva, il tempo Sospeso e la pace interiore


La luce estiva danza in modo diverso. Non si limita a illuminare, dilata. Dilata le giornate, allungando ombre e orizzonti, e con essi, la nostra percezione del tempo. È come se le ore si stirassero dolcemente, regalando una sensazione preziosa: quella di avere più spazio per vivere, per assaporare ogni istante. In questo ritmo estivo più lento, quasi sospeso, si aprono varchi nella frenesia quotidiana. È qui che riscopriamo una parte di noi spesso sopita: la capacità di fermarci, di riflettere in profondità, di dedicare spazi intimi alla scoperta e all'elaborazione delle emozioni che affiorano nel silenzio. Se l'estate potesse parlare con un sentimento, sono certo sussurrerebbe "pace interiore". È un respiro calmo, nutrito dal calore sulla pelle e dalla quiete ritrovata nelle giornate distese. Un ricordo particolare, un luogo come la Sardegna, può cristallizzare questo sentimento, un'isola che rapisce il cuore e lo restituisce intriso di sale, bellezza e profonda serenità. Ma c'è una lezione più sottile, una consapevolezza che trascende la stagione. La presenza, quella luminosa consapevolezza d'esistere, non è un dono esclusivo dei mesi caldi. È un esercizio, una pratica che fiorisce in ogni stagione, se coltivata. La fugacità stessa della luce estiva più lunga ci ricorda la preziosità dell'attimo, spingendoci a vivere pienamente il presente. L'estate, nella sua magnifica ma breve apparizione, ci insegna che il tempo non è solo qualcosa che scorre, ma un'esperienza da abitare con pienezza e consapevolezza, portando la sua pace interiore e la sua luce dentro ogni giorno dell'anno.

L'eco del dentro: Riflessioni

La dimora, per me, non è fatta di muri, ma di spazi interiori. Spesso, la mia vera "casa" si condensa nell'angolo quieto dove le idee fioriscono e le mani plasmano. È lì, nell'officina dell'anima, che il mondo esterno si attenua e il dialogo con me stesso si fa più intenso.

Se l'orologio svanisse, se il tempo si stendesse illimitato davanti a me, non cercherei conquiste esteriori, ma mi immergerei nell'abisso dell'essere. La mia tela infinita sarebbe la comprensione, la ricerca dell'assoluto, il tentativo di afferrare l'essenza stessa della consapevolezza umana, quell'eco profonda del "sono".

Ho imparato molto dalle cadute. Forse la lezione più preziosa non è stata rialzarsi, ma capire l'importanza di un passo indietro. Allontanarsi da ciò che ha causato la crepa, evitare di ricalcare sentieri già percorsi dal fallimento. Una saggezza amara, ma necessaria per preservare lo spazio interiore.

Negli ultimi tempi, uno sguardo al mondo esterno ha portato con sé una certa disillusione. La cattiveria gratuita, l'ignoranza che sembra sempre più una scelta, lasciano un segno amaro. È difficile armonizzare la delicatezza della creazione con la ruvidezza del fuori.

Eppure, c'è un piccolo, quotidiano rito che ancora mi àncora, che mi fa sentire vivo: la colazione. Quel momento sospeso, tutto mio, con una giornata ancora intatta davanti, è un respiro profondo, un piccolo atto di gratitudine per il semplice esistere, prima che il rumore del mondo torni a farsi sentire. È lì, nel silenzio di un mattino, che ritrovo la mia casa più vera.