Mi chiamo Stefano Terraglia, e sono un autore indipendente, musicista, regista, compositore, scrittore e infermiere. Sono nato a Firenze nel 1967, e da allora ho cercato di vivere ogni giorno come un frammento d’arte, un fotogramma da custodire, un suono da accordare al cuore.
La mia formazione musicale è iniziata al Conservatorio “Luigi Cherubini” di Firenze, dove ho studiato pianoforte. Ma la mia vera scuola è stata la vita stessa: le notti insonni passate a comporre, le emozioni che ho trasformato in melodie, la ricerca incessante di armonie capaci di raccontare ciò che le parole non riescono a dire. La musica è per me un’estensione dell’anima.
Ho realizzato colonne sonore originali per i miei film e cortometraggi, creando una sinergia profonda tra immagine e suono. Lavoro su più generi, dalla musica orchestrale al minimalismo elettronico, fino alla techno-house.
Dal 2000 ho dato forma a oltre 70 opere audiovisive, tra cui cortometraggi, sketch, videoclip e documentari. Ho realizzato due film: Le tue parole e Un delfino nel cielo.
La scrittura è l’altro pilastro della mia espressione artistica. Nei miei libri come Codice Universale, Brivido Infinito e Labirinti Emotivi, intreccio racconti, poesie, riflessioni esistenziali e visioni speculative sull’universo, la coscienza e l’intelligenza artificiale. Scrivo come suono: cercando il ritmo delle emozioni, l’eco della memoria, il silenzio tra le righe.
Accanto alla mia produzione artistica, svolgo da oltre trent’anni la professione di infermiere. Questo lavoro mi ha insegnato a osservare la fragilità con rispetto e a non dimenticare mai che ogni gesto può contenere bellezza, se fatto con dedizione.
Il mio percorso non ha una meta precisa. È un viaggio fatto di sperimentazione, intuizioni, passioni che si intrecciano. Creo per cercare, suono per ricordare, filmo per non dimenticare, scrivo per sentire. E se qualcosa di ciò che faccio riesce a toccare anche solo per un istante l’anima di chi guarda, ascolta o legge… allora ho fatto la mia parte.
Qua sotto il tronco che mi ha visto bambino, mentre mi arrampicavo sopra di lui, mentre dall'alto vedevo i prati del parco. Il mio vecchio tronco, ricavato da un albero abbattuto a metà degli anni settanta. Lo vollero li, nel mezzo al prato per far giocare i bimbi, io ero tra questi.
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