Si avverte così, con un'intensità crescente, la difficoltà di concepire una "sistemazione in grazia divina" dopo la morte. Questa realizzazione mette in discussione le tradizionali aspettative di un'esistenza oltre la vita terrena, spingendoci a riconsiderare il significato e il valore del 'qui e ora'. La vita, nella sua unicità e irripetibilità, si presenta come l'unica opportunità autentica di partecipazione attiva allo stato di cose presenti. Non è solo un passaggio transitorio, ma il palcoscenico principale su cui si svolge il dramma dell'esistenza umana.
Questo pensiero stimola una domanda provocatoria: "Per quale motivo stare con le mani in mano ad aspettare che il sole ogni giorno ripeta la stessa sorte in ogni suo scontato tramonto?" In questa interrogazione risiede un invito a scuotere l'inerzia che troppo spesso ci avvolge, a sfidare la passività con cui accogliamo il susseguirsi dei giorni. Il tramonto del sole, benché un fenomeno quotidiano e scontato, simboleggia il passare del tempo - un monito a non dare per scontata nemmeno una frazione della nostra esistenza.
È un richiamo all'azione: "Rimettere in moto la mente e presto, svegliarsi dalla narcosi, lavarsi la faccia e dire: NON SPRECO PIU' UN GIORNO DELLA MIA VITA NELLA STAGNAZIONE MENTALE." Queste parole sono un manifesto di risveglio, un invito a scuotere lo spirito da qualsiasi forma di letargo e apatia. Si tratta di una dichiarazione di guerra contro la stagnazione mentale, una promessa di impegnarsi attivamente nella ricerca di un'esistenza significativa e pienamente vissuta.
La realizzazione della fugacità della vita e l'incertezza della nostra esistenza oltre la morte ci invitano a valorizzare ogni singolo momento. Questa presa di coscienza è un dono prezioso, che ci spinge a vivere con intensità, passione e scopo, rifiutando di rimanere intrappolati in una stagnazione mentale che oscura la luminosità dei nostri giorni.