lunedì 26 ottobre 2015

Cronaca di vita quotidiana

Propongo un cortometraggio che ho realizzato qualche anno fa, lascio a voi libera interpretazione.

venerdì 23 ottobre 2015

L'atmosfera

Quello che contraddistingue una foto non è spesso la tecnica, né tantomeno la tecnologia, ma l'attimo. L'attimo in cui anche una banale foto scattata con il telefonino può lasciar libera la fantasia di interpretare in maniera soggettiva l'immagine riprodotta.
L'inquadratura, gli oggetti ripresi, la scelta del momento associati ad un colore surreale, sono uno stimolo importante per emozionare, non importa per tutto questo avere una reflex, basta un telefonino e un po' di estro per creare un'atmosfera.

mercoledì 21 ottobre 2015

Trenta secondi per non pensare

Vi ricordate Carosello? Iniziava più o meno alle venti e trenta sul primo canale Rai, durava 10 minuti e poi finiva. Gli spot iniziavano più o meno così: "Il dentifricio Pinco pallino presenta... (scenetta) e poi la pubblicità della marca in chiusura. Erano dei piccoli spettacoli sponsorizzati, che nutrivano un vasto pubblico di adulti e bambini, questi ultimi sapevano che carosello rappresentava la fine della loro giornata e che una volta finito sarebbero dovuti andare a dormire. Sono passati quarant'anni, la pubblicità è mutata a tal punto che in soli trenta secondi sono compressi un'infinità di messaggi. Tutto è frutto di ricerche accurate; storyboard, inquadrature, colori, luci, audio, movimento, attori, trucco, tutto è al massimo. Con l'avvento dell'editing elettronico dell'immagine lo spot ha assunto un profilo altamente professionale, la velocità nella quale si susseguono le varie inquadrature è impressionante, uno spot di 30 secondi poter contenere oltre cinquanta inquadrature diverse, tutte mirate allo scopo di far conoscere il prodotto commerciale trattato. 
Non sono soltanto gli spot pubblicitari a vantare queste caratteristiche, anche i programmi radiotelevisivi stanno assumendo lo stesso temperamento, è una corsa contro il tempo, il poco tempo che i media mettono a disposizione per la comunicazione. Tutto deve essere breve e conciso, essenziale e d'impatto. Dall'altra parte, però esiste un essere umano che spesso gli autori dimenticano, dimenticano che l'uomo pensa ed il pensiero non è una corsa contro il tempo, il pensiero va oltre tutte queste cose, il pensiero non dura trenta secondi. I media non lasciano il tempo di pensare, perché l'obiettivo è quello di fare in modo che l'uomo, oramai definito esclusivamente con il termine di consumatore, ingurgiti tutto in un boccone e ritorni di nuovo davanti al media. 
Il potere commerciale ha invaso la tv, la radio, i giornali, le riviste, Internet, tutto si vende, tutto si baratta, tutto si compra. Loro si dimenticano però che l'uomo ha un grosso potere, quello di annoiarsi, quello di cambiare canale, quello di fuggire. Qualcuno ha pensato anche a questo, riducendo il più possibile le vie di fuga e costringendo la gente a correre all'interno di un labirinto dove vi è fissato su ogni parete un messaggio diverso, la propaganda coercitiva, limitando la visuale sul mondo. Esiste un'alternativa? Forse la possibilità di poter scegliere il tipo di messaggio che più ci piace anche allo scopo di arginare la noia e orientarci verso l'argomento commerciale che più ci interessa. Internet, per esempio, potrebbe essere un'alternativa perchè rappresenta una forma di riproduzione multimediale interattiva, anche se, con il passare del tempo, il potere economico sta limitando le libere iniziative di informazione, anche con leggi dedicate, perché questo? Perchè l'uomo deve consumare, non creare. Un uomo in grado di contrastare, un uomo in grado di scegliere l'informazione attraverso un computer, può dare fastidio. I grandi media sono per pochi, le nostre piccole paginette su Internet ed i social network, nei quali ancora riusciamo liberamente ad esprimerci e creare, sono l'unica risorsa dei nostri anni, spazi nei quali si può dare sfogo alla nostra creatività e al nostro pensiero, ad un patto...rimanere con un numero contenuto di visitatori, altrimenti sei morto! 
Vi ricordate Carosello? Iniziava più o meno alle venti e trenta sul primo canale Rai, durava dieci minuti e poi finiva, ma una volta finito ti lasciava il tempo di respirare.

sabato 17 ottobre 2015

La fine dei dilemmi storici

In questi giorni ho avuto il coraggio di aprire un raccoglitore, gli ultimi dieci anni di attività su Internet. Fino al 2008 usavo archiviare una copia cartacea di ogni post, non era una necessità tecnica, ma una mia fissa nel riempire il raccoglitore di ricordi. Se io avessi avuto un bel gruzzolo da investire avrei sicuramente tratto del guadagno da tutto questo, così non è stato, tutto è servito per riempire di gioia le mie giornate in compagnia di un'attività che tutto sommato mi ha permesso di rendere pubbliche le mie idee e le mie creazioni.
Mi chiedo per quanto tempo ancora  la rete sarà in grado di custodire tutto questo, le iniziative di ognuno di noi, le nostre parole, i nostri post e dai i più creativi le immagini, i filmati e le idee varie. Credo per molto tempo, in realtà i nostri dati non sono altro che un filare immenso di 0 e 1, un codice molto più elementare nella sua grafia rispetto ad una scrittura antica composta di ben più complessi fregi. Nonostante tutto vi è una grande differenza, occorre sempre una macchina dedicata per poter interpretare questo codice. L'uomo del lontano futuro, se ancora esistente, avrà le macchine idonee per poterlo interpretare? Io dico di si. L'uomo del lontano futuro avrà tutto il materiale del suo passato con riscontro esattamente certo, ampiamente documentato.
Finiranno così i processi relativi ai dilemmi storici.

giovedì 15 ottobre 2015

Ben arrivata amore


Ben arrivata amore, abbiamo un futuro davanti, posa l'orecchio sul mio cuore e senti come batte.

martedì 13 ottobre 2015

Argini

La città osservata camminando lungo gli argini del fiume assume un'altra prospettiva. Dagli argini si percepisce il passato, si osservano vecchi mulini, vecchi ponti e passeggiando più bassi rispetto alla piana cittadina si rimane isolati dal cambiamento urbano che la città ha attraversato negli anni.
Questo video che ho girato la scorsa primavera rappresenta un'insieme di piccole riprese effettuate lungo il fiume Greve. Questo fiume nasce dal Monte Querciabella a 800 metri di altitudine, da due sorgenti principali: la Fonte di Poggio alle Coste e la Fonte del Topo nel comune di Greve in Chianti in provincia di Firenze.

domenica 11 ottobre 2015

Povera nostra Costituzione

Siamo nel 2015 e osservando la nostra Carta Costituzionale mi accorgo che in breve tempo sono stati distrutti tre articoli importanti, oltre al resto che distruggeranno ancora:
ART 1 - L'italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro...
La vedo dura spiegare agli italiani che questo stato è ancora garante di quest'articolo.
ART 11 - L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali...
Ci sarebbe da piangere dopo le diverse adesioni dell'Italia ai bombardamenti della NATO, anche in virtù degli ultimi interventi.
Art 32 - La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti...
Si vede che i nostri governi si sono dimenticati i numerosi tickets imposti ai cittadini, e per gli indigenti le lunghe liste d'attesa, scoraggianti, ammesso che il povero indigente non abbia un gruzzoletto sotto il cuscino per farsi curare attraverso la libera professione dei medici nelle strutture pubbliche.
I nostri padri costituenti stanno piangendo nelle loro tombe.

venerdì 9 ottobre 2015

Il mondo degli artisti


L'umore é di fondamentale importanza per un artista che per sua natura impiega gran parte delle potenzialità della propria mente al fine di dare vita alla sua opera. Spesso siamo incostanti, impulsivi, proprio nei momenti nei quali qualcosa o qualcuno tenta di inoltrarsi tra il pensiero creativo e la realizzazione dell'opera. Solo un artista puó capire un altro artista e come spesso ho ribadito, nei miei scritti precedenti, nei podcast o attraverso altre opportunità che la vita mi ha concesso, artisti si nasce e non si diventa. Vi sono rari casi nei quali una persona mai stato artista possa diventarlo in qualche modo, casi forse dovuti alla necessità di dover lavorare nel settore, ma la creatività artistica non sarà mai uguale a chi per grazia della natura la possiede sin dall'inizio dei suoi tempi. Un bimbo creativo lo si denota dai suoi scritti, dai suoi disegni, dal modo con cui si pone, dalla sua personalità e dal suo carattere, tratti indiscutibili in una visione globale della persona che è. La sensibilità di un bimbo artista e dell'uomo che diventerà sono uno dei fattori di cui un genitore e successivamente l'eventuale partner dovrà tenere conto. Spesso l'artista diventa incostante sentimentalmente perché vengono a mancare quelle regole di vita che normalmente il sistema propone come esempio assoluto, l'artista spesso non risponde a queste regole, ma fa i conti giornalmente con il proprio caos interiore e da questo lui riesce ad armonizzarne gli aspetti più contorti riproponendo magicamente il proprio pensiero attraverso l'opera. Chi non è fondamentalmente artista non riesce a capire la personalità complessa di questo genere di uomo, spesso tutto ciò viene percepito come una serie di gravi difetti che inducono al fallimento della vita di coppia o dall'impossibilità di avere un rapporto costante e tranquillo. Alcuni artisti nel loro estremo vagare, disprezzano persino se stessi in quanto notano e contestano le differenze che la propria personalità o carattere assumono nei confronti dei personaggi, delle vicende, delle storie e dei paesaggi che stanno creando, in quanto non riescono ad assomigliarvi. Per questa ultima circostanza all'artista occorre tempo, assuefazione, solitudine, distacco. Come potrebbe essere possibile per un soggetto "normale" prendere parte totalmente della vita di un artista? Tutto naturalmente è possibile, all'artista occorre un costante e fedele spettatore che sappia assistere, purtroppo, in maniera unilaterale alle sue creazioni, senza generare alcuna forma di competizione, una persona che sappia riconoscere ed apprezzare le sue creazioni, che sappia perpetuare la memoria delle sue opere, ma soprattutto che non generi competizione. L'artista sa amare, lo fa con ardore, sentimento ed emozione perché conosce l'amore come elemento essenziale per comporre le sue opere. Non si puó chiedergli, quindi, la costanza in tutto ció, ma questo è dovuto al fatto che un artista vive sulla superficie o nel cielo di diversi mondi, molti dei quali hanno principi, regole e colori spesso sconosciuti per i profani.

mercoledì 7 ottobre 2015

Camminando con il fiore


Durante la scorsa primavera ho camminato lungo argini di fiumi, tra la campagna, tra le auto della città, portandomi dietro la pancia, le braccia, le gambe e tutto il peso dei miei 48 anni. Insieme a me ho portato i miei pensieri, la mia vita, le speranze e il futuro. Insieme a me ho portato un fiore, che tengo stretto nel cuore, un fiore mosso dal vento, fragile, un fiore che innaffio ogni giorno affinché sia sempre fresco. I giorni e i mesi passano e le stagioni fanno presto a salutarci e ritornare. Finche c'è vita non mancheranno mai, ma tanto so che un giorno pianterò quel fiore nel giardino della mia vita.

lunedì 5 ottobre 2015

L'eco di Gianni


L'eco di Gianni
Racconto di Stefano Terraglia 
(Soggetto dell'omonimo cortometraggio) 

Le mie gambe non erano delle migliori in quell'anno, quasi volevano oltrepassare il loro limite per uno come me che era abituato a stare seduto sette ore al giorno dietro una scrivania dell'ufficio della mia azienda. L'aria costiera, invece, parzialmente ventilata, era quella di un'estate incerta accompagnata da un cielo parzialmente coperto, dove il sole pareva vergognarsi di guardare giù il mondo. Camminavo tra gente allegra, loro, immancabili prede dell'estate non si vergognavano come faceva quel sole tra le nubi, loro, reduci di malefatte invernali, con il petto abbronzato e le labbra morbide di burro di cacao, ignari delle mie vicissitudini, continuavano a farmi ombra. E via via che la gente passava lasciava le scie profumate di cocco, di cacao, essenze di creme che entravano nelle mie narici quasi volessero imporsi a dispetto dell'odore del mare. Camminavo sfumacchiando, discorde con tutti, discorde anche con il sole, infatti, il mio sguardo verso l'astro, ormai verso la volta del tramonto, era diffidente, così avrei voluto dirgli: “Ma chi te lo fa fare di prendertela così tanto”, invece non dissi niente. La mia tristezza non trovava conforto sul litorale, stava a metà strada tra il mare ed il cielo, precisamente sulla mia destra, sulle montagne Apuane. Infatti ero li per qualcosa di diverso, una semplice toccata e fuga in un universo che mi apparteneva fino a tre anni prima. Adesso miravo quel paesaggio montano dal litorale del Cinquale, avevo la faccia mesta, completamente fuori sincronia rispetto a quella della gente che andava su e giù sul litorale, ma non sapevo e non sentivo più niente da molto tempo. Le montagne parevano austere, tra le loro nubi, avrei creduto in loro se non mi avessero guardato con compassione, proprio come quei cipressi di Carducci, ma diversamente quelle montagne mi apparivano immutate e non cresciute. Proseguii il cammino sino all'interno, lasciando il litorale, camminai molto tra ville e villette sino alle macchie interne e ai campi soleggiati, fino a alle casupole a piè dei monti per terminare così sulla soglia della porta di quella vecchia casa che conoscevo bene e spesso mi aveva visto entrare, senza ritegno, vittima del mio insano egoismo. Suonai il campanello, una giovane donna mi aprì invitandomi ad entrare. “Ho bisogno di pernottare stasera e mangiare qualcosa” dissi. La casa pareva più un semplice appartamento che un luogo da pernottamento, lei sorrise, ma con un marcato velo di tristezza. Quella donna si chiamava Martina, viveva da sola e a quanto pareva ogni tanto si rendeva la vita meno difficile affittando una camera del suo appartamento, più che altro a turisti, lo faceva da circa tre anni. La casa consisteva in una cucina e due camere. Avevo fame e la donna non tardò a mettermi a tavola, non aveva un menù, stava preparando una semplice frittata, io la osservavo mentre ero seduto al tavolo in un angolo della cucina in attesa di essere servito mentre lei sbatteva insistentemente un uovo. Aveva assunto una posizione particolare, la mano destra che sbatteva l'uovo, il braccio sinistro lungo il corpo e la mano corrispondente protesa ad angolo retto, quasi volesse sforzarsi nella sua femminilità, quasi volesse mandare un messaggio, forse per un eventuale ed intenso dopo cena per il quale io non avevo nessun minimo interesse, stavolta. Divorai in compenso quella frittata e mentre mangiavo tentai un casto approccio: “Tu non mangi?”, le chiesi mentre lei se ne stava appoggiata al muro, “No no, mangia tu, io ho già mangiato”, poi sparì nella camera accanto. Più tardi ero solo con il mio sonno, sul letto matrimoniale della camera degli ospiti, li mi addormentai quasi subito. La mattina successiva appariva candida e pacata, la finestra dava sulle montagne ed io stavolta ero più desto del giorno prima con la voglia di sparire e raggiungere le cave di marmo a piedi. Martina entrò in camera mentre io ero ancora svestito, “Oh! Mi dispiace, torno dopo, volevo sistemare la stanza”, stavolta il mio sguardo non era quello della sera prima, stavolta avrei dovuto compiere qualcosa di più, così mi avvicinai e tentai un abbraccio, ma lei mi disse, respingendomi un po': “Sono stata cattiva ad entrare in stanza all'improvviso?”, La guardai intensamente e le risposi: “ Cattivissima”. D'un tratto la riversai sul letto ed alzatole la sottana iniziai a sculacciarla affettuosamente, lei rideva divertita come una bambina capricciosa, a me invece una lacrima stava solcando il mio volto, inconsueta, ma motivata ancora dal mio turbamento, dalle mie emozioni, dal fatto che avevo disertato la mia convinzione di non tornare più in quella casa. Adesso stavo percorrendo un sentiero che portava alle cave di marmo su quelle montagne Apuane il sole filtrava tra i rami, quasi concedendosi di più di quanto si fosse concesso sino ad allora e pareva illuminare sin troppo quelle zone ed io non ero affatto contento di quella luce così violenta che mal si addiceva alle circostanze. Arrivato al bordo delle cave, leggermente assorto nei miei pensieri rivolsi il guardo sulle pendici scavate, bianche, riflettevano tutta la violenza del sole di Giugno, mi feci coraggio ed iniziai a gridare: “Gianni!” Ovunque quel grido pareva risuonare, infatti l'eco fu pronta a sopraggiungere: “...anni...anni”, un grido disperato, quasi volessi riesumare da quelle cave una persona, quel giovane cavatore con il quale avevo condiviso anni di lavoro insieme, mio fratello. Le vecchie case di Antona, dove ero nato e vissuto, da dove avevo visto vallate desolate, dove gli inverni segnavano i volti degli uomini e delle donne che non avrebbero dovuto mai morire, da dove il pianto disperato di mia madre quel giorno maledetto irrompeva nel tardo pomeriggio di un Giugno, tre anni prima, cordoglio straziante, una volta appresa la notizia della morte di Gianni. Gianni morì mentre stava cavando il marmo, tra quelle lastre gravose, tra le braccia possenti degli altri cavatori che invano tentarono di salvarlo, il suo sorriso rivolto verso il sole bianco, verso quella luce accecante, ed io di nuovo: “Gianni!”. L'eco sembrava la sua voce, così Gianni pareva ritornare per un momento a cavallo del vento, con la sua canottiera azzurra, con il suo cappello col la visiera girata verso la nuca, con i suoi grandi occhi scuri. “Sono qua!”, eccolo che tornava, seppur con leggero ritardo, “Sono qua e ti vedo sai? Dai, fatti forza, falle di nuovo compagnia come hai sempre fatto...adesso io so, so tutto fratello mio”. Il mio singhiozzo, stremato dal groppo alla gola, incontrollabile, inevitabile, era la risposta al suono della sua voce. Mi rimisi in cammino e tornai dalla donna, al mio arrivo l'abbracciai con ardore, ma stavolta l'abbraccio era un'ambasciata proveniente dal cielo. “Come stai adesso, stai meglio?”, le dissi mentre mi stava lavando la testa, lei non rispose seguitava ad intingere le mani tra i miei capelli insaponati. “Mi ricordi il passato”, le dissi ancora cercando le sue parole a conforto delle mie colpe. “Ti aspettavo sai”, finalmente mi rispose con tono dolcissimo. Mentre mi asciugava la testa con un asciugamano, mi guardò intensamente negli occhi, “Hai gli stessi occhi di Gianni” e concluso lo sguardo intenso, così vicini, ci baciammo. “Martina io parto, vado in Australia, ho un'offerta di lavoro importante, non posso rinunciare, vieni via con me” Martina raggiunse la finestra, poi voltandosi verso di me mi disse dolcemente, ma con tono sicuro: “Non sono pronta, so che lui tornerà, un giorno busserà a questa porta e verrà a prendermi” Me ne andai così, come ero venuto, con la voce di mio fratello che dalle montagne ancora mi scuoteva dentro, con lo scempio nel cuore. Martina tornò a chiudere la finestra e lentamente si sedette sul letto.

sabato 3 ottobre 2015

La cronologia di un declino

Anni 50 - Lavoro per tutti, l'italia doveva rinascere dalle ceneri della II guerra mondiale. Tutto doveva essere ricostruito. 
Anni 60 - Le ricchezze prodotte dalla ricostruzione davano vita al boom economico, tutti lavoravano, gli operai inziarono ad essere una potenza così forte da ottenere ogni diritto sul lavoro e ogni privilegio sociale. Tutti stavano bene, le coppie facevano tanti figli. 
Anni 70 - I privilegi erano così tanti che la gente poteva permettersi di andare in pensione con 20 anni di servizio. La classe proletaria, forte e compatta, avanzava verso il potere. A USA e URSS questo fenomeno italiano non piacque per niente, Aldo Moro pagò per tutti. 
Anni 80 - La gente continuava a stare bene, i figli crescevano, andavano tutti all'università, il popolo di giovani poteva diventare un grande pericolo per il sistema, erano troppi, così lasciarono che in Italia entrassero tonnellate di eroina. La gente smise di fare figli, molti nascevano tossicodipendenti dalla nascita o con gravi patologie legate all'uso della droga da parte di quei disgraziati di genitori. Cadeva il muro di Berlino, la Germania iniziò di nuovo ad imperare. 
Anni 90 - L'eroina non bastava, occorreva un'ottima narcosi fatta di eroina ed extasy, di televisione commerciale, di discoteche techno ed altra roba....si affermavano fenomeni del tipo Silvio Berlusconi. La mafia era vicinissima al colpo di stato. 
Anni 2000 - La Germania decise di far arrivare l'Euro, il sistema iniziò piano a vacillare, non era possibile sostenere un peso sociale di milioni di pensionati, l'Italia come altri paesi europei ricominciarono a leccare il culo alla Germania. Iniziarono ad arrivare migliaia di extracomunitari che in barba ai nostri diritti del lavoro erano pronti a lavorare 12 ore al giorno per pochi euro. Lo stato cominciò a vendere tutto, le privatizzazioni iniziarono ad essere appoggiate anche dalla sinistra.
Anni 2010 - La crisi iniziò a conclamarsi sino ai giorni d'oggi. Nei prossimi anni il sistema inizierà a crollare, il mondo occidentale si piegherà di fronte alla rinascita dell'est europeo. Continuerà l'esodo dei popoli medio orientali e africani, gli stati uniti stretti nella morsa del crollo inizieranno a rispolverare le armi verso Russia, Cina e resto del mondo dal quale poter succhiare risorse. Sarà la nostra fine, non c'è speranza. Chi può scappi in Albania, Croazia, Russia, Romania e quant'altro non sia occidente, medio oriente o Africa. Abbiamo finito le pile.

giovedì 1 ottobre 2015

La narcosi collettiva

Mi sono ritrovato più volte a scrivere al proposito della "narcosi collettiva", un problema causato dalla rassegnazione, dalla perdita di ideali, ma soprattutto generato dall'informazione controllata dal potere.
Un falso buonismo da anni sta imperversando le reti televisive, alimentato dalle false lacrimucce di giornalisti e conduttori che si occupano principalmente di casi di cronaca, situazioni che lavorano al ventre di milioni di telespettatori, tralasciando ogni verità che il potere si riserva di non far trapelare.
Non far trapelare le verità spesso è una misura strategica dei poteri assoluti al fine di non far destare il dissenso tra le masse. Assistiamo così a palinsesti di informazione totalmente filo governativi, che non concedono al dissenso alcuno spazio. 
Ultimamente si percepisce anche un chiaro coinvolgimento di qualche opposizione in questo progetto di manipolazione delle coscienze, in quanto i nostri politici continuano a pretendere di regnare a vita nei palazzi, una volta stanno nel governo, una volta all'opposizione, ma sempre e comunque nei palazzi. Nomi stagnanti che da anni risuonano nelle prime pagine dei giornali, dei telegiornali, nei siti Internet di regime, nomi che tutti conosciamo, su di loro, contiamo l'avanzare dei capelli bianchi sulle loro teste e il progredire delle loro rughe. Intorno a loro un vero e proprio cast tecnico di giornalisti e presentatori che idealizza, realizza, programma e poi trasmette queste messe in scena, durante le ore migliori, per ottenere il massimo audience. 
Tutto questo produce familiarità, voci amiche, un po' com'era il Mike Bongiorno, personaggi che potrebbero essere estrapolati dal teleschermo e fatti accomodare nel salotto di casa. Personaggi che il pubblico si illude inconsciamente di conoscere e che sogna di avanzargli persino una stretta di mano o chiedergli un "selfie" insieme.
Il martellamento continuo causa la narcosi collettiva, un processo a mio avviso degenerativo della capacità di decidere, di avere una posizione propria, un processo che impedisce ad ognuno
di maturare un proprio ideale. Di questo passo non avremo più la forza per comprendere e rialzarsi, per avanzare un cambiamento, per contrastare, per dire NO.
Dipende da noi, dipende esclusivamente dalla capacità di ognuno di risalire a galla in qualche modo e tornare a respirare in superficie, la cura? Guardare altrove, dove i colori sono diversi da quell'unico grigio che procura il vomito.